I bonus elargiti dal governo Renzi, di cui l’attuale esecutivo è una fotocopia, hanno portato l’Italia a sforare rispetto agli obbiettivi di bilancio prefissati, senza peraltro alcun vantaggio economico (ne politico, visti i risultati disastrosi per il governo e il PD del referendum), ed ora la Commissione Europea presenta il conto e minaccia procedure di infrazione in assenza di una manovra correttiva per un importo pari allo 0,2% del PIL entro aprile. Con le elezioni alle porte (anche nel caso, improbabile, che si arrivasse a fine legislatura si parla di un anno circa) le ipotesi di una manovra correttiva fatta di nuove tasse e tagli, dunque recessiva o quella dell’apertura di una procedura di infrazione a carico del Paese sono entrambe politicamente impercorribili. Ed ecco che, per bocca del ministro dell’economia Padoan, di torna a parlare di privatizzazioni, ossia di svendita di quel poco che resta dell’economia pubblica, un tempo fiore all’occhiello e motore del sistema economico nazionale. In questo caso si parla delle Poste Italiane, azienda strategica anche perchè rifugio sicuro, in epoca di crack bancari, per i risparmi di milioni di italiani.
Nulla di nuovo, queste politiche sono state ampiamente sperimentate in passato, con esiti fallimentari tanto sul debito (che ha continuato a crescere) che sulla forza del sistema Paese. Per non parlare poi degli effetti sull’occupazione, visto che, normalmente, la prima cosa che gli acquirenti fanno è tagliare le spese con massicci licenziamenti.
Nell’ormai lontano 2013 il Prof. Vittorangelo Orati pubblicava, su questo sito e sulla rivista ad esso collegato, un suo contributo sull’argomento.
Ve lo riproponiamo perché, sfortunatamente, a 4 anni di distanza mantiene intatta la sua attualità.
A. V.
Miseria e\o nobiltà: ovvero la borsa o la vita
Chi non ricorda l’ormai “classico” film Miseria e nobiltà ( 1954), diretto da Mario Mattioli , con una giovanissima e avvenente Sofia Loren, e in particolare alcune sue scene da antologia. Tra queste il duetto tra il pubblico scrivano Totò e il fotografo di piazza Pasquale ( Enzo Turco) allorché, ridotti a vestire con le pezze e nella miseria più nera e con fame arretrata con le loro famiglie, danno sfogo alla fantasia, compilando una ideale lista della spesa con la somma di denaro ( ampiamente sopravvalutata) ricavabile ( secondo loro) dall’ultimo lenzuolo da impegnare al Monte di Pietà.
Per sbarcare il lunario sarà necessario per i componenti le famiglie dei due amici travestirsi da nobili , con la goffaggine di chi non ha mai indossato altro che gli abiti della miseria, rimanendo costantemente preda di quella che potremmo definire sindrome da “banco dei pegni” rivelata dal furto delle posate d’argento nascoste nelle tasche durante il banchetto cui finalmente partecipano sotto mentite spoglie i nostri “ morti di fame”.
A quanto appena rievocato è andata di tanto in tanto la mia “libera associazione” ( Freud) quando i vari ministri dell’economia che si sono succeduti negli ultimi anni hanno dissipato senza alcun risultato gran parte del patrimonio pubblico italiano presi dalla febbre della fallimentare vogue del miniarchismo ( “meno stato più mercato”). Nel mentre a fronte dello attuale tsunami economico che dura da oltre sei anni mi prende addirittura timore e furore panici, allorché su quel poco che resta di quel patrimonio sento ogni tanto aleggiare il pericolo di cadere sotto un attacco della sindrome da “banco di pegni”, di cui risultano vittime – dopo la tragica lunga parentesi di Tremonti (da me definito “Chance the Gardner” per la sua incompetenza economica nascosta da lunghe teorie di metafore erboristiche come il Peter Sellers del film di Hal Ashby Oltre il giardino) – i ministri che gli sono succeduti a via XX Settembre: Grilli e, appena qualche giorno fa Saccomanni.
L’assalto riguarda gli ultimi “gioielli di famiglia” Eni, Enel, Finmeccanica ai quali prima ancora di Saccomanni da Mosca il viatico era stato dato da Londra da Letta ( “letto”, per onoris causa soporifera) per tarda contaminatio thatcheriana e per farsi bello con l’imbelle Tory Cameron. Ma qui altro che miseria, senza alcuna nobiltà, neanche per travestimento. Dinanzi al mondo si è denudato non tanto un re quanto un manipolo di giullari travestiti da “uomini di Stato”, e per benedizione “collinare” con una immeritata aureola di uomini “ en réserve de la République” che niente meno dopo studi all’estero e prestigiose carriere nella ex Banca d’Emissione valutano per esempio l’ENEL per quanto questa capitalizza oggi in Borsa. !!! Viene il sospetto che a partire dalla privatizzazione del monopolio pubblico della elettricità la nostra “classe dirigente”, che ha forse il complesso della immortalità, ignori che l’uomo è energia e che rinunciare al dominio pubblico su tale dimensione significa ignorare, oltre alla termodinamica e alla legge di entropia, di aver consegnato per gran parte ( L’ENEL ha solo il 25% delle utenze in Italia) alla logica del puro profitto la vita dei cittadini italiani. E poiché il libero mercato della energia significa contendibilità senza frontiere dei relativi assetti proprietari ciò significa consegnarsi potentialiter in mano straniera. La qual cosa tra l’altro fa venir da ridere nell’autorizzare a pensare che i famigerati F 35 in fase di sconsiderato acquisto valgono più dell’ENEL: ai prezzi attuali di realizzo. Pensiamo a difenderci con dei caccia che par pure pieni di difetti costruttivi, nel mentre potremmo senza colpo ferire essere dominati a livello di schiavitù attraverso il ricatto energetico di una ostile potenza straniera.
Ma a parte queste considerazioni che fanno “ghiacciare” il sangue nelle vene, il monopolio pubblico dell’energia nessuno lo ha mai collegato all’idea del suo potenziale come formidabile strumento di politica economica. Pensiamo, tanto per dare una idea, ai ritardi scandalosi nella liquidazione dei venti più venti miliardi di anticipo sui debiti del settore pubblico verso il mondo delle aziende: con un “fiat lux” fornito a costo zero fino alla concorrenza del dovuto si sarebbe risolto il problema in un lampo ( di luce) magari con un contemporaneo sgravio di imposte.
E retroattivamente, come non pensare allo scandalo e al suo sostanziale fallimento della politica meridionalistica e alla corruzione legata alla “filosofia” degli incentivi pubblici : contributi in conto interessi e a “fondo perduto” ( mai un caso tanto eclatante di “effetto Edipo” di una previsione autorealizzantesi). A parte le malversazioni, le corruzioni, le “cattedrali nel deserto” la esigenza di carrozzoni maleodoranti come Cassa per il Mezzogiorno e “dintorni, non sarebbe bastato puntare a costi privilegiati della elettricità per stanare le false conversioni per il Sud da parte di imprenditorialità a tutta truffa? E anche oggi lo strumento in esame sarebbe eccezionale all’interno di una finalmente pensata politica industriale.
Sanno i signori economisti(ci) alla barra di comando di questa nave Italia alla deriva che vi sono “beni” dal valore infinito come la vita, alias energheia (ἐνέργεια) ?
L‘Italia è ormai alla miseria più profonda a livello etico e intellettuale. Se fino a qualche tempo fa v’era qualcuno che poteva rispondere al richiamo “ socialismo o barbarie” oggi si deve sperare nell’alternativa: miseria o nobiltà? Nobiltà dello spirito e dell’intelletto, naturalmente: e prima che sia troppo tardi.
PS
Come non ricordare l’ ENEL nelle mani dello Scaroni – su designazione berlusconiana – reo confesso ( condanna patteggiata) per aver fatto in precedenza per conto di una compagnia straniera imbrogli con l’ENEL? E al suo codazzo di “fidi” cavalier serventi lì rimasti in eredità ? Scaroni ora all’ENI a garanzia dei buoni rapporti PUTIN-Berlusconi e Berlusconi dittotorelli sparsi all’EST con appendice diplomatica (molto sospetta ) di questi giorni!